sabato 24 marzo 2012

Lupi

Ieri sera c'è stata tanta festa.Giulia si è laureata, col sole in faccia, il vestito di Arlecchino e le scarpe di Parigi. Si è laureata da femmina. Abbiamo festeggiato giocando a Lupi, sfidando il sopraggiungere della notte fredda e continentale in piazza Santo Stefano con San Miguel e Verdicchio. Eravamo in tanti, e in tanti siamo stati uccisi. Siamo tornati a casa elaborando strategie d'attacco per la prossima partita; alcuni più sbronzi di altri.Ho dormito a terra con tante coperte e i fazzolettini di raffreddore accanto alla testa.Sognai.Noi, tutta la famiglia bolognese, ci trovavamo in una casa di campagna dalle molte stanze, una cascina un pò labirintica, una tana di mattoni e con tante librerie dai vani cubici.Io e Antonio possedevamo dei chihuahua, dei cani troppo piccoli, che nella vita reale ci provocano fastidio perchè abbiamo il terrore di schiacciarli sotto l'anfibio ma che nel sogno rivalutiamo in un impeto di affetto e fedeltà e sofficità. Alcuni di questi cagnetti erano già nella cascina, e molti erano stati comprati. Che fossero comprati lo deducevamo dal fatto che erano ancora imballati e infiocchettati in delle piccole scatole rosa.Qualcuno con aria supponente affermava che i chihuahua fossero spagnoli, ed io mi arrabbiavo enormemente perchè non veniva loro riconosciuta una giusta discendenza maya. Custodivamo questi cani in delle grandi borse, un pò come delle Paris Hilton attempate e senza soldi, o in dei posti specifici all'interno di un mobile. 
Inizialmente il primo cane che ci viene incontro è nero, poi il piccolo nero se ne va  e ne sopraggiunge uno color nocciola col pelo lungo, e io penso che quello color nocciola sia molto più carino. Lo prendo in braccio e lui si nasconde dentro il maglione, mi fa ridere.Mentre giochiamo con i cani, in un'andirivieni di bestiole e guaiti, decidiamo di traslocare. Impacchettiamo i chihuahua, i libri, le lampade e i vestiti e prepariamo i bagagli, pronti per una nuova partenza e l'ennesimo spostamento.Mamentre ci accingiamo a partire con i bagagli sotto il braccio, mi accorgo che all'interno della casa  c'è una strega dalle intenzioni non buone. Non è proprio una strega, è una stregonessa come quella del mago di oz, con un bastone in una mano e tante calaveras bianche e luminose in schiera e al suo servizio. Avanzano verso di me facendo rumore; Antonio, Giulia e gli altri sono dietro di me, cerco di avvertirli del pericolo ma non mi escono le parole dalla bocca, sono completamente afona, e capisco che non posso muovermi bene. Decido che la strega non mi fa paura, che lei non sa con chi ha a che fare, che mi porto dentro il sangue di mille migranti e di una zingara, sfrutto il mio potere conrtro di lei e la sua armata. I teschi scompaiono. Siamo solo io e lei in un faccia a faccia rosso e nero.Lei mi dice qualcosa, io non sento e soprattutto non posso rispondere.La strega è lì ma non avanza mai, resta ferma in un fluttuare di malignità; non posso più nascondermi, nè scappare. Aspetto, aspetto che lei si sbilanci, che mi aggredisca. La guardo ma è immobile, allora qualcosa si muove dentro, tra lo sterno e lo stomaco, e decido di andarle contro, ma lei scompare.Mi sveglio pensando che le streghe non sono mai cattive. Al massimo i cattivi siamo noi.


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